venerdì 5 giugno 2020

Ritorno alla normalità (2)

La verità è che ho sonno, un sonno atavico, primitivo, abissale, che si nutre di un ciclo circadiano ubriaco. Durante la quarantena Guido ha scoperto la lettura. Ha iniziato, per caso, con Matilde e adesso sta affrontando l’intera bibliografia di Roal Dahl. È al sesto libro in due settimane. Si sveglia alle sette, viene in camera nostra e chiede, sottovoce "Posso alzarmi?". "Mmmmh", sbavo. Lo prende come un sì. Si butta in salotto, sulla poltrona verde, e non si alza se non per mangiare. La poltrona è sagomata da anni di sedute, ha un punto di morbidità perfetto e offre diverse angolazioni per stravaccarsi: per questo è molto ambita. La Bambina, per esempio, non vuole bere il latte se non lì, e per ottenere il suo spazio, quando ne ha bisogno, è in grado di salire in piedi sullo schienale e buttarsi a gomitata cadente sul fratello. Alla vigilia del mio 45esimo compleanno (“auguri!” grazie!), dal balcone sentiamo frusciare qualcosa in giardino. Non viene un giardiniere dall’anno scorso e l’angolo di terreno sotto di noi è pieno di foglie morte, erbacce, nespole cadute. Frush frush. “Guardare papà, topolonzo lì!” fa Guido. Sta leggendo il GGG e adesso parla solo in questo modo. Comunque, in effetti, una pantegana di almeno trenta centimetri si aggira tra le erbacce in cerca di nespole. “Non sale in casa, vero?” chiede la Bambina. “No no”, dico io arretrando impercettibilmente verso l’interno. Ho in mente un verso di Montale che fa “Dalla palma / tonfa il topo, il baleno è sulla miccia”: “I topi non salgono sugli alberi”, dico. “Certo che salgono sugli alberi” interviene mia madre dal suo balcone. Faccio segno di tagliare il discorso e lei aggiunge: “Sapessi che topo gigante ho visto in terrazzo, l’anno scorso”. “Papà, posso bere il latte?” dice la Bambina, con gli occhi sgranati; al che Guido corre per occupare la poltrona, e la Bambina, che ha capito, lo segue ululando. “E sapessi quante cacche lasciano in giro”, mia madre conclude il suo messaggio di pubblica utilità, rientrando in casa. Vado dentro anche io, chiudo le inferriate, abbasso le tapparelle, appoggio le sedie alla porta-finestra, vedo se spostare anche il pensile delle pentole, ma è agganciato al muro. Cerco qualcosa di pesante con cui bloccare il passaggio. In salotto, intanto, la terza guerra poltronale. La Bambina arriva in lacrime: “Papà, mi fai il latte?”. “Aspetta, sto finendo una cosa”. “Mi fai il latte?”. “Chiedi a tua madre”. “Mi fai il latte?”. “Sì, un secondo”. “Latte!”. “Adesso”. “Mi fai il latte?”. Possiamo andare avanti così per ore, ma alla fine sono sempre io a cedere. Le preparo il biberon. Con un'azione di alta diplomazia sposto il fratello. "Andare camera" dice "Ma essere questo un ingiustizio". Tutto a posto, per fortuna la giornata è quasi finita.

Ah no, sono le 10 del mattino.

Poi la notte mi sveglio di soprassalto con un dubbio e chiamo i carabinieri. Non so per quale motivo li preferisco alla polizia, sarà per le barzellette. Fosse per me chiamerei la guardia forestale per ogni problema, o i vigili del fuoco, ma temo che in questo caso non possano aiutarmi. Sono agitato, e ci metto qualche minuto a comporre il numero giusto. “Comando dei Carabinieri, pronto?”. “Sì, scusi, volevo denunciare la scomparsa di mia moglie”. “Quando l’ha vista l’ultima volta?". “Una settimana fa, mi sembra, in cucina”. “Per caso sua moglie è un’insegnante?”. “Sì, come lo sa?” “Abbiamo i centralini intasati. Lei oggi è il ventitreesimo. Non si preoccupi, la scuola è finita. Stasera, verso le sei, prepari uno spritz. Si nasconda per qualche minuto. Vedrà che sua moglie uscirà dalla tana dietro al computer per fare un aperitivo”. “Ma… è sicuro che...? Sa, quest’anno ha la maturità...”. “Mmmh, allora potrebbero essere necessari anche dei pistacchi. Ha dei pistacchi in dispensa?”.


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