Basta che le temperature scendano appena, qualche goccia di pioggia in
più e subito scatta il Raffreddore-dei-bambini. Nasi che colano, moccio
giallo, soluzione fisiologica, aerosol, brivido, terrore, ma soprattutto
raccapriccio: le regole anti-covid aleggiano sulle scuole a cerchi
sempre più stretti. Di notte, enormi tamponi nasali provenienti da una
base sotterranea minacciano Neo-padova, e noi, con robottoni a forma di
tachipirina – inefficaci, dal design fatiscente, senza scudi –,
cerchiamo di bloccarli. Mascherine fotoniche! Amuchina spaziale!
Distanziamento a razzo!
Tutti dormono, ma nel vicolo un gruppo di ragazzi ha appena finito di
vedere la partita del Milan. Sono al piano terra, la finestra
direttamente sulla strada. È ancora abbastanza caldo. Mi affaccio per
chiudere gli scuri. “Cazzo guardi?”. Ci sono due tipetti che si
avvicinano alla finestra dei ragazzi, uno ha i capelli ricci tinti di
biondo. “Cazzo guardi”, dice.
“Niente” risponde uno dalla finestra, “Sono a casa mia, non guardo niente”.
“E allora torna dentro, terrone di merda”.
“Oh, calmo, eh”.
“Cazzo guardi terrone di merda, torna a casa tua”.
Alla finestra si affacciano anche l’amico – più magro, barbetta curata,
maglietta azzurra – e la fidanzata di uno dei due. I due tipetti sono in
mezzo alla strada, “Ti scopo in bocca se non torni dentro, terrone”.
Barbetta esce nel vicolo. “Daniele, torna dentro”, dice la ragazza.
“Oh, che cazzo vuoi”, dice Daniele.
Un tipetto si avvicina, l’altro lo tiene: “Scopo tua madre, terrone, torna dentro”.
“Chiamo la polizia”, dice la ragazza.
“Guarda che non ci metto niente a sfondarti di botte” dice Daniele.
“Tiro fuori il coltello, terrone. Ti taglio e ti scopo in bocca”.
La scena si fa concitata, dall’alto non vedo bene. Parte qualche pugno,
qualche calcio. I due tipetti iniziano la ritirata, “Terroni di merda!”
Daniele dice “Resta qui, resta qui con me ancora un attimo, dai”.
Dal fondo del vicolo un urlo: “Ho chiamato la polizia! Smettetela!”.
Ho il cellulare che si sta accendendo (è un diesel) e sto aspettando anch'io di fare il 113.
I tipetti sono usciti dal vicolo, Daniele li insegue. Mi sporgo: ricominciano a tirarsi qualche pugno, ma non vedo bene. La ragazza
urla di tornare in casa, l’amico corre in aiuto di Daniele. I tipetti
scappano.
Dopo dieci minuti arrivano due volanti, percorrono il vicolo, si fermano
davanti alla finestra dei ragazzi. “Che succede?” chiede dal finestrino
l’agente che non guida. Daniele racconta la sua storia, parlano a bassa
voce, sento male. Descrivono i tipetti, uno dice che i due erano
marocchini, la fidanzata dice che erano pakistani. La volante se ne va.
Chiudo gli scuri. La serata è finita. Mi metto a letto.
Prima di addormentarmi sento qualcuno che urla. Credo che sia una
ragazza. La voce è lontana, non si sente bene. Probabile che provenga
dal bar all'angolo della strada. La ragazza continua a gridare qualcosa.
Ricominciamo.
Il vino contro il petrolio
grande vittoria, grandissima vittoria (si aggiorna tra venerdì e sabato)
domenica 27 settembre 2020
Portello violento (1)
sabato 19 settembre 2020
Tutto a posto (3)
Le luci del giardino illuminano il verde tenero delle foglie nuove; la
siepe si sporge, protende i rami verso l’alto, nel tentativo di
liberarsi da una parallelepipedità sgraziata. Arriverà il giardiniere a
pareggiare le altezze, le tempeste spargeranno le foglie, ma intanto
l’estate calante sospinge ancora i rami come sospinge a terra le mie
energie, gioca con il mio ciclo circadiano, gonfia le occhiaie.
Il primo giorno di scuola mi sveglio con la schiena in sciopero. Rigiro
le gambe, sollevo i fianchi, ma ogni mio movimento è quello di un
cetaceo che tenti di rituffarsi in mare dopo essersi svegliato sulla
battigia. E c'è bassa marea. “Dicloreum!”, urlo col poco fiato a
disposizione, “La mia collezione di Asterix per un Dicloreum!”.
Ottengo solo che la Bambina si lanci sul lettone a farmi le capriole
sulla pancia, finché stare fermo a subire gli schiacciamenti non diventa
più doloroso di alzarmi.
“Cavoli”, dice Giovanna.
“No, dai, non è niente”, rispondo, rigido come uno stoccafisso,
inclinato ad angolo retto, con la schiena parallela al pavimento.
“Non parlo della tua schiena”.
Mezz'ora prima che la scuola inizi veniamo a sapere che un genitore di
un compagno di classe di Guido è positivo al tampone. Panico in chat. I
genitori impazziscono. Metà bambini rimane a casa perché si erano
incontrati al parco, ma tutta la giornata è un continuo chiedere
informazioni. Un giornalista lo viene a sapere ed escono i servizi sulle
tv locali. Caccia a chi ha fatto la spia. [...]
Noi – stranamente – al parco non c’eravamo, un caso fortuito di
appuntamenti in sovrapposizione, ma nel frattempo abbiamo un problema
altrettanto grave, se non di più: Ada non ha nessuna intenzione di
indossare i pantaloni. “Non voglio i pantaloni. Voglio la gonna”, dice.
“Le gonne sono a lavare”. “Voglio la gonna!”, dice. “Non ci sono gonne”.
Gli occhi le si incurvano, le labbra si protundono un poco in avanti,
poi parte l’urlo, si butta per terra, rotola su sé stessa. “E se…?”,
dice Giovanna sottovoce, indicando una gonna appesa allo stendino. La
bambina abbassa il tono, perché ha percepito uno spiraglio, ma il mio
grado di diplomazia, in una scala che va da Cavour a Hitler, è ad
altezza Gengis Kahn. “No”, dico, “Niente gonna”. Si apre l’inferno del
pianto. Un bicchiere si incrina. Dal cortile, tutte le tapparelle si
sollevano di colpo al suono di tale sveglia. Guido si chiude in camera a
leggere Topolino. Giovanna dice “Bene, io devo andare a lavoro”.
“Cosa?”
“Sono in ritardo!”.
“Non ti sento, c’è una bambina che urla”.
“LA GONNA, VOGLIO LA GONNA!”.
“E datele ‘sta gonna!”, ci intimano dal cortile.
Incrocio le braccia: “No, niente gonna”.
Ululatissimo.
Giovanna mi fa ciao con la mano e scompare sulle scale.
Cinque minuti e dobbiamo uscire anche noi.
Bene. Molto bene.
lunedì 14 settembre 2020
Tutto a posto (2)
domenica 6 settembre 2020
Tutto a posto (1)
La zanzara di fine estate, rabbiosa, attende le sere di settembre china nelle pozze delle grondaie o nei portavasi dove alcuni residui umidi sono avanzati dal temporale, delirante, pronta a scattare non appena un varco si apra nelle finestre degli incauti che hanno approfittato del clima per spegnere l’aria condizionata, e, in preda alla vertigine del ronzio, prostrata dalle ferie, quando avrebbe potuto dare il meglio di sé, ma ha dovuto soccombere contro i vetri gelidi dei salotti, delle camere da letto, cadendo poi in un sonno mattutino disturbato dagli incubi del sudore umano, dell’anidride carbonica corroborante, smanaccia contro gomiti, nel retro delle ginocchia, oppure nei padiglioni auricolari, con un’incautela che non si capisce se è la sua condanna o.
Quando Giovanna torna a casa, io e Ada stiamo leggendo I Puffi neri. Mi interrompo per dirle che mi sono licenziato e Ada sbuffa: “Papà, mi leggi?”. La storia è questa: una mosca punge un puffo e lo trasforma in una versione di sé stesso nera, incazzosa e lessicalmente più povera che dice solo “Gnap!”. Il puffo nero morsica un altro puffo che si trasforma a sua volta, e via così.
Giovanna spalanca gli occhi: “Cosa hai fatto?”
“Mi sono licenziato”
“Ancora?”
“Be’, era da più di un anno che non succedeva”, rispondo, mentre Ada spinge il libro sotto al naso.
“Cos’è successo?”.
“Mi sono incazzato”.
“Gnap!”, dice Ada.
venerdì 28 agosto 2020
Rientro (2)
Attendiamo la riapertura delle scuole come l’arrivo del meteorite che sfiora la terra a 20.000 km di distanza, o come la cometa che appare nei cieli ogni duecento anni portando sventura e un’inedita conformazione celeste, l’eclisse di sole da guardare con i vetri oscurati per non bruciarsi la retina e un’invasione di fosfeni. Facciamo finta che sia un evento lontano, ma di notte la consapevolezza di qualcosa ci brucia le piante dei piedi e i bordi delle orecchie (o forse sono le zanzare?). I banchi con le ruote, il distanziamento, la lezione con la mascherina, tutti a dire, come per scaramanzia, eppure seri, con l’aria di affermare una cosa ineluttabile “Tanto chiuderanno dopo pochi giorni” – ah il grande sviluppo dei gesti apotropaici, il capogiro di timore e desiderio e realtà…
La Furia Bionda (aka La Strega del Nord-Est aka...
venerdì 21 agosto 2020
Rientro (1)
“Hai sentito?” dice Giovanna. “Hanno suonato di nuovo”. “Ma no”, rispondo. E invece suonano ancora. “Chi è?” dico. “Mi hanno dato questo indirizzo”, dice la voce di prima. “C’è un cinese qui?”. “No”, rispondo. “Ma le sembra l’ora di suonare i campanelli?”
“Eh, vabe’” dice.
Eh, vabe’, ecco.
Bonus: Lista dei film
The conjuring II, ah le case stregate
The Bar, pochi soldi poche idee tanto olio
Mandy, avrei trovato più movimentata una conferenza sullo sporco tra le dita dei piedi nell'antica Roma
Ghostland, nel boschetto della mia fantasia
The Invisible man, caro stalker ti scrivo
It chapter II, come quando vedi tua nonna nuda per sbaglio